Ippica, Galoppo, Corse & Allevamento

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giovedì, ottobre 18, 2012

L'avvenire dell'ippica: Una battaglia culturale, di passione e di lavoro.. Di Mario Berardelli, da Per Sport di mercoledì 17 Ottobre

Un'istantanea dell'Ippodromo delle Capannelle qualche decennio fa.
Come eravamo in un'epoca diametralmente opposta alla nostra
Una guerra anche se, speriamo, al termine deve purtroppo dare spazio ad emergenze meglio a priorità di tipo militare. La metafora applicata all’ippica sta a significare che è comprensibile che in uno stato come quello nel quale versa il nostro settore le priorità siano quelle del salvare la vita e non certo di filosofeggiare. Tradotto: siamo ancora in una fase emergenziale, si intravede la luce come va di moda dire adesso, sta prendendo corpo il progetto (bene ha detto Marco Trentini: quanto tempo perduto) ma dobbiamo ammetterlo la vita da salvare è una priorità al momento e la vita sono le risorse che, mancando, hanno determinato situazioni al limite della sopportabilità in ogni aspetto del nostro mondo, non serve fare la gara a chi soffre di più. Tutto vero e, incrociamo le dita, speriamo che il lavoro che si sta compiendo possa dare dei frutti o almeno delle certezze che sono la prima cosa su cui contare. Eppure quando ancora i cannoni tuonano, i fucili sparano e le sorti del conflitto non sono del tutto chiare, la storia ci insegna, c’è sempre gente che già lavora al “dopo”, a disegnare lo schema del domani, a mettere in fila priorità future, a suggerire scelte anche di fondo. Il vero momento per farlo paradossalmente è questo anche se apparentemente e in un certo senso sostanzialmente le priorità sono altre. Pensate al 45 ma anche alla seconda metà del 44, infuriava ancora la guerra ma parallelamente erano sul tappeto almeno due o tre schemi di assetto futuro per il nostro Paese, era quello il momento di discuterne per non farsi trovare impreparati a cose fatte. Probabilmente il nostro schema di ippica italiana del domani farà la stessa fine di quello che liberali e azionisti proposero per l’Italia ma, a futura memoria, quasi un alibi morale, nella sua essenza riteniamo doveroso proporvelo ancora una volta per sommi capi. Noi crediamo che il nostro sia un settore che deve trovare nella sua dimensione culturale elitaria la sua ragione di essere, quella su cui costruire tutta la impalcatura. La nostra forza è nella saldezza di una filiera che deve essere protetta, incentivata , salvaguardata e che è la colonna portante del settore. Tutto il resto può inserirsi ma non sostituirsi, altrimenti snaturiamo ancora una volta l’Ippica e la trasformiamo in un fallimentare settore merceologico che non ha spazio. Il principio fondante che può benissimo collegarsi a tutte le sovrastrutture immaginabili e anche necessarie è che l’ippica è produzione di cavalli da corsa, nelle intenzioni, arte raffinata e colta e tipicamente agricola nella sua realizzazione, è poi meravigliosa altra arte, quella di allenare e far correre questi cavalli in un contesto volto a selezionare i migliori per migliorare sempre di più la razza. Un tempo il fenomeno era quasi nazionale adesso è globale e le difficoltà ovviamente aumentano cosi come il necessario livello di cultura. E’ tutto qui, compreso ovviamente il nobilissimo ruolo, indispensabile, che viene svolto dai proprietari dei cavalli. Se noi con un tratto di penna cancelliamo oppure riduciamo quasi a zero questa immagine del settore e le sovrapponiamo una fatta solo di ripetitività, di ricerca di denaro da far girare senza preoccuparci della bontà del “prodotto” creeremo come abbiamo creato una bolla artificiale che quando poi inevitabilmente scoppierà (è successo) lascia dietro di se il nulla. L’ippica non è il nulla, è una cultura ben precisa e alta. Non abdichiamo ancora una volta, sul serio e non a parole, a questo principio fondamentale su cui dobbiamo costruire autenticamente il nostro domani, a guerra terminata si capisce e se avremo un domani. Al di la delle parole: dobbiamo ridare sul serio spazio alla competenza a discapito della burocrazia (era una delle priorità di Tesio), dobbiamo darci una organizzazione snella, dobbiamo sempre vigilare, forse anche fanaticamente, affinchè ogni azioni importante sia in linea con il dettato culturale del settore. C’è molto da fare perché purtroppo la guerra in questo ambito lascia molte macerie e situazioni sbagliate. Dove agire e ristrutturare? Solo esempi tra i tanti ma è molto importante che la nostra vetrina sia allestita nel migliore dei modi, che sappia parlare di noi trasmettendo sul serio la nostra cultura, quindi è fondamentale possedere un canale televisivo (con gli altri supporti che la modernità impone) che sia al passo con i tempi e le esigenze senza voler nulla togliere al sempre miglior lavoro che sta svolgendo ma in una ippica che vuole rinascere serve uno scatto e ciò vale, prima che ce lo diciate voi, anche per i giornali. Serve che il settore tecnico sia al centro del nostro fenomeno, sia affidato sul serio ai migliori, ai competenti e non ad orecchianti burocrati. La nazionale la allena Prandelli non il ragioniere del catasto. Settore tecnico significa programmazione, indirizzo, giustizia sportiva, tutela dell’allevamento, quello che insomma era svolto dagli Enti tecnici con il supporto indispensabile delle, poche, associazioni di categoria. Non dobbiamo inventare molto, dobbiamo adeguarci ai tempi ma lo schema è valido da cinque secoli in Inghilterra e tutte le nazioni che hanno fatto progressi spaventosi (Giappone) ci indicano chiaramente la via che bisogna percorrere. Se perderemo questa battaglia sarà di nuovo la fine perché solo attraverso questa battaglia culturale noi potremo con fermezza disegnare i confini intellettuali del settore, evitare pericolose infiltrazioni o derive negative, formare i nuovi appassionati che possono anzi devono poi diventare, se ne hanno la possibilità, anche operatori attivi ma occuparsi di ippica deve tornare ad essere un elemento distintivo, un motivo di orgoglio, e, vi assicuriamo, lo è stato.

7 commenti:

  1. ma chi scrive i testi a berardelli ??? niki vendola ????
    parte le battute, vedere quella foto del parterre di capannelle gremito all'inverosimile mette i brividi.
    ricordo da pischello nei primi anni 80' piu o meno l'atmosfera era quella e nei giorni feriali non era da meno. adesso sembra come se una testata nucleare abbia devastato il tutto lasciando solo una desolata landa radiottiva.....e indietro non si può tornare.


    Ruggero

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  2. ma vergognatevi, nn pagate un euro di tasse, i vs. dipendenti sono tutti a nero, siete solo capaci a chiedere solidi a noi cittadini attraverso lo Stato. L'ippica nn piace più, mettetevelo in testa , nn ci potete obbligare a scommettere! ahahahah

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  3. Ho eliminato i cafoni anonimi che hanno messo dei commenti poco appropriati celandosi dietro l'anonimato. Codardi, ma non fastidiosi..in fondo c'è sempre rimedio all'intelligenza, meno alla stupidità umana. Contenti voi..

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  6. (riscrivo)
    e bene hai fatto,Gabriele,i cialtroni sono sempre in agguato;sono,questi,non dei veri ippici ma solo beceri giocatori d'azzardo,lo scommettitore ippico ragiona,il becero giocetore NO!Tutta la mia solidarietà a Berardelli che ci ha regalato una bella riflessione alla quale ,con alma mi permetterò di aggiungere qualcosa.
    grazie
    amato

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  7. La cultura, in tutte le sue manifestazioni, è molto importante, per il semplice fatto che sopravvive al singolo e mortale... essere umano.

    Dei cavalli famosi ci ricordiamo addirittura dopo secoli... così come delle loro imprese, cavalli e vittorie che rimangono ancora più famosi dei loro proprietari, allenatori ed interpreti in corsa.
    Succede poi, sempre, che un campione renda famoso il suo proprietario, mai il contrario.


    Fra pochi decenni di effimere cose come slot, gratta&vinci, ecc... non rimarrà nessuna memoria, c'è da credere invece che ci saranno ancora le sfide su prati verdi.

    Il purosangue inglese nobilita l'uomo.

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