Ippica, Galoppo, Corse & Allevamento

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lunedì, luglio 09, 2012

Controluce...di mezza estate a cura di Mario Berardelli (parte seconda). Da Per Sport di venerdì 6 Luglio: E' nato prima il pedigree o il cavallo

Ancora una volta, proponiamo ai lettori di Mondoturf un saggio di Mario Berardelli pubblicato nell'edizione di Per Sport di venerdì 7 Luglio per chi se lo fosse perso, dal titolo "E' nato prima il pedigree o il cavallo?". Si tratta di un vero e proprio approfondimento per appassionati e cultori del pedigree, una serie di riflessioni maturate grazie al confronto e al prezioso scambio di opinioni di un ippico doc, studioso come pochi ne sono rimasti come Diego Giunta, tra Paolo Crespi che attraverso delle periodiche newsletter ci porta a conoscenza di storie imperdibili e Mario Berardelli stesso. E' fondamentale il pedigree nella riuscita di un cavallo da corsa? Scopriamolo leggendo, e magari dite la vostra. Questo è un vero e proprio studio che va conservato gelosamente, e per questo teniamo molto nel sottoporlo alla vostra attenzione. Anche in questo caso, buona lettura.
Tutto è iniziato grazie allo stimolo intellettuale costituito  dai racconti e dalle riflessioni che Paolo Crespi  invia durante l’anno agli amici via mail e delle quali abbiamo discusso più volte perché questo è l’altro primo compito (insieme a quello fondamentale di presentare e analizzare le corse)  di un giornale che vuole essere il punto di riferimento del nostro settore. Più che mai  in questo momento buio. In una delle ultime abbiamo chiosato due scritti apparentemente contrapposti di Tony Morris e Federico Tesio e poi c’è stato l’intervento di Diego Giunta. Argomento: il nick e la sua inutilità. Pienamente sviscerato ma era uno specchietto per le allodole perché qui l’apporto intellettuale degli studiosi citati ha lo stesso effetto  , nel nostro microcosmo, delle teorie di Copernico o delle affermazioni di Galilei.  Qui cambiano le carte in tavola e se non avete avuto modo di leggere gli scritti precedenti  sappiate che il succo liofilizzato del loro ragionamento è questo  : nel successo di un cavallo l’importanza del pedigree incide per un 25-30%. (mediazione tra il 35% max di Morris e lo scarno 20% della epigenetica illustrata da Diego Giunta) Ci abbiamo riflettuto riposando un attimo ma ne siamo ancora turbati.  Noi siamo cresciuti seguendo gli insegnamenti prima di tutto di Enrico Arcari e di Giulio Bassignana e non solo che ponevano al centro  di tutto (studiando un cavallo) il suo pedigree, il resto era  supporto ma senza il pedigree   non si partiva neppure. Vero che Giulio Bassignana  apriva in un certo senso quando sosteneva che , forse, su qualche difetto si poteva passare sopra proprio in presenza di un bel pedigree e si allargava anche ad ipotizzare che un cavallo quasi perfetto probabilmente malgrado il pedigree scarso avrebbe potuto avere un certo successo. Intuizioni, cedimenti, frammenti , ipotesi.  Al centro di tutto restavano le tante ore passate a studiare sulle tavole del Bobinski (avute in prestito dal leggendario direttore dello Steeple Antonio Spinetti e comunque restituite per ammuffire adesso in qualche scantinato del fu Unire) , i cataloghi europei anzitutto , in epoca solo cartacea. Tutto per capire , per avere una illuminazione perché prima di tutto almeno al 90% per un cavallo era importante il pedigree.  Avevamo sbagliato ancora una volta tutto, evidentemente e forse, dobbiamo essere sempre al passo con i tempi e la evoluzione del pensiero, ora dobbiamo abituarci a decodificare i punti di forza di un cavallo attraverso una diversa diagnostica. Magari aiutati da un altro approfondimento che aspettiamo di Diego Giunta.  Di più : forse questo nuovo modo di analizzare i punti di forza o di debolezza di un cavallo sono anche il frutto , uno dei tanti, della evoluzione della società in generale e di quella ippica in particolare. Se oggi proviamo ad accostarci al fenomeno in maniera differente forse lo possiamo fare grazie al pensiero mercuriano che ha allargato i nostri orizzonti intellettuali e che ci pone , ci impone, tante domande stimolanti. Di più ancora : probabilmente rileggendo anche il passato attraverso queste categorie ci possiamo anche accorgere che probabilmente era cosi anche prima ma noi non vedevamo ed eravamo fuorviati anche per comodità.  Ci sono però delle controindicazioni , attenti.  Prendiamo Nearco e rileggiamolo secondo  gli input dei nostri amici. Noi siamo sempre partiti immaginandolo come il capolavoro assoluto del  Senatore, il pedigree perfetto , la scelta di Pharos anzichè di Fairway dovuta  a intuizione geniale e non solo a motivi di spesa contenuta, l’acquisto della nonna , il bilanciamento delle famiglie nel pedigree, gli apporti dei nonni materni, insomma per noi Nearco non è mai stato un cavallo atleta ma un pedigree stampato su un foglio. Ecco l’errore.  Perché Nearco è diventato Nearco? Non solo perché era un predestinato per origine e basta ma e qui , salvo aggiunte , ecco che introduciamo gli altri valori percentuali per avvicinarci al 100% di successo anche perché :   a) Tesio e Incisa allevavano in maniera spettacolare per l’epoca, sicuramente in modo mercuriano e globale, nel posto giusto, con le tecniche di alimentazione (per i tempi) perfette, con una assidua cura, insomma erano , come i più eccezionali allevamenti del mondo, alla estrema avanguardia  e la tecnica di allevamento (oggi come oggi  è ad esempio imprescindibile)  ci consegna un altro buon 30% di successo. b) Nearco era allenato da un Maestro assoluto che per i tempi era sicuramente nella top ten dei trainer internazionali e su questo tema forse, tranne alcuni studiosi, in molti non abbiamo approfondito a dovere. Ecco un altro 30%  che ci porta a spanna intorno al 90% lasciando ovviamente un 10% a tutto un mare di altri elementi capaci di incidere. Abbiamo operato in maniera semplicistica e abbiamo anche il timore poiché non vediamo bene la luce ancora che qualcosa ci sia anche sfuggito. Tuttavia ieri come oggi probabilmente  e alla luce delle riflessioni proposte dai nostri studiosi le chiavi di un successo ma anche solo di una analisi del valore di un cavallo si dovrebbero basare salomonicamente  almeno su tre pilastri : pedigree, metodo di allevamento  e sistema di allenamento.  In effetti  restringendo il valore dell’apporto meramente genetico  viene più facile spiegare campioni come Cirrus, Vison d’Etat oppure la stessa Black Caviar , se ci fossimo basati solo sul pedigree loro come diversi altri sarebbero stati solo mediocri.  Facciamo fatica comunque ad abituarci ma ci rendiamo conto che forse è giusto cosi, Camelot non è solo un pedigree come del resto Frankel, la filiera  è più articolata ma almeno per due terzi deve essere al top e forse il terzo sul quale puoi anche passare un po’ sopra è proprio quello del pedigree perché non puoi fare a meno di un perfetto metodo di crescita ( tanto per dire , una trascuratezza da foal o da yearling cronicizzata diventa un handicap insormontabile) e poi della bravura di chi allena e in questo termine è compreso tutta un’altra filiera : programmazione (se il St Leger costasse a Camelot come a Nijinsky l’Arco?) , assistenza veterinaria, organizzazione (pensate agli spostamenti e ai danni collaterali se mal gestiti), alimentazione e ovviamente magia  nell’arte di allenare. (a tutti noi stupidi e incapaci Frankel nel famoso lavoro pubblico era sembrato grosso, per fortuna il Maestro  sapeva bene cosa faceva). Effettivamente una visione del genere ci permette  di capire tante ma tante cose, ad esempio, solo uno che ci viene in mente al volo, ci fa apprezzare la bravura  di molti consulenti , diversi sono italiani,  che sanno pizzicare in asta e a poco prezzo cavalli che poi riescono benissimo perché leggono oltre il pedigree che fermerebbe dei superati come noi che saremmo capaci di comprare solo fratelli pieni di Galileo, Frankel, Camelot e …. Nearco.  Siamo convinti ma come spieghiamo però che oggi nel mondo il 90% o giù di li di vincitori importanti discende da Nearco e soprattutto per il ramo Northern Dancer mentre non si trova quasi più traccia di Hyperion, Djebel, Teddy, Prince Rose, Ribot ? Se il pedigree conta poco come lo spieghiamo e poi  Tizio è figlio di Caio o magari non è soprattutto nipote di Sempronio ? Quesiti inutili, i pedigree sono stati spazzati via …. Sarà vero ?

1 commento:

  1. fattrici di alta qualita' fanno cavalli da corsa di livello internazionale, tutto il resto e' valutabile soggetto per soggetto.
    lo stallone e' a mio punto di vista meglio valutabile per le caratteristiche che riesce a trasmettere precocita, speed stamina etc etc visto che sono pochi gli stalloni che con certezza li possiamo considerare dei miglioratori. il problema sostanziale e' che la qualita' delle nostre fattrici e' mediamente molto scarsa e le poche cavalle buone vengono vendute subito alla faccia dei contributi statali su fattrici e monte per migliorare il nostro allevamento.

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