Ippica, Galoppo, Corse & Allevamento

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venerdì, maggio 22, 2020

Storia: L'ippica come agricoltura, sport, industria, spettacolo, ma soprattutto grande Cultura. A cura di Mario Berardelli

Nella foto, Mario Berardelli.
Lettere al Direttore. Ci scrive Mario Berardelli che ci rinfresca la memoria su quello che rappresenta l'ippica in un periodo storico nel quale sono crollate, o si sono confuse, alcune certezze che dovrebbero essere scontate. Ripercorriamo insieme la storia dell'ippica, partendo da un assunto indiscutibile: La cultura.

Caro Gabriele
Mi permetto intervenire al solo scopo, spero, di aiutare a chiarire un concetto che, nel periodo, è diventato elemento di discussione nel nostro mondo. Mi riferisco a come definire, senza mezzi termini, il mondo dell’ippica: sport, industria, spettacolo, attività commerciale o filiera eminentemente agricola. 
Ciascun aspetto della attività umana, va da se, non è un monolite ma si manifesta sotto diverse angolazioni con una tuttavia che prevale nettamente sulle altre tanto intellettualmente cosi come praticamente e ne da impronta netta. Nel nostro caso credo che sia senza dubbio prevalente e determinante il connotato di filiera agricola che prevale su ogni altra manifestazione. Un imprinting che è limpido dal primo momento in cui l’ippica ha preso corpo e contorni definiti. Siamo ai primi del 600 nella madre patria, ippica è chiaro, Inghilterra. Regna Giacomo primo Stuart (il figlio di quella Maria messa morte da Elisabetta) che protegge e incentiva il Turf: intuisce con l’aiuto del duca di Buckingham la importanza di incrociare le fattrici inglesi con i cavalli Arabi (purtroppo i suoi acquisti furono fallimentari in materia), spinge sul pedale dell’allevamento, crea Newmarket cosi che il Turf passa dalla fase entusiasta ma spontanea delle corse da un punto all’altro, tipo Castello e Campanile, a quella istituzionale alla quale (dovrebbe servici anche di monito) darà successivo grande supporto la creazione di una architettura appunto istituzionale che avrà come colonna portante il Jockey Club con tutti i suoi compiti. 
Il Turf e quindi successivamente anche il mondo meraviglioso del Trotto nasce proprio come filiera agricola: progetto un incrocio addirittura importando madri o padri da altre nazioni, lo realizzo ovviamente utilizzando come teatro un habitat assolutamente agricolo dove le fattrici daranno alla luce i propri prodotti e dove gli stessi cresceranno adeguatamente con l’aiuto di foraggi e quanto altro necessario in un ciclo decisamente legato alla madre terra. 
Il momento successivo delle corse non sarà altro che una indispensabile verifica, un prolungamento della filiera, per comprendere e valutare chi meriterà di tornare in allevamento come madre oppure come stallone. Non è un caso che le corse, dunque gli ippodromi, siamo tutti meravigliosi spazi di verde, aperti alla passione della gente, dove si sostanzia in maniera tangibile ma non unica quello che è il vero autentico scopo di tutto il nostro mondo ovvero la selezione.
Tutto il resto, magari anche importante, avrà comunque il significato di sovrastruttura. Quello dell’ippica non è davvero il solo mondo agricolo che vanta questo tipo di filiera che si completa attraverso varie fasi e passaggi. La ragione, diciamo il DNA, del nostro mondo è assolutamente agricolo e tuttavia è manifesto che, visto da alcune angolazioni, possa avere anche il tratto di altre categorie ma non sarà mai quello preminente, non sarà mai la ragione di esistere. Cosi le Scommesse (intelligenti e non ludopatiche ma questo è altro e lungo discorso, pur se chiarissimo) nascono insieme alle corse ma non ne sono la ragione bensì da sempre sono considerate un mezzo che permette la creazione di risorse attraverso adeguati prelievi che permettono al settore di mantenersi. 
Cosi l’esaltante assunto agonistico e tecnico di una corsa o di un suo momento conclusivo può anche apparire come alto istante di sport, ci mancherebbe ma non ne è la ragione. Cosi anche ancora affiora e si constata la esistenza di connotato commerciale, industriale, economico legato al nostro mondo se pensiamo al commercio, alle vendite, al mercato insomma ma anche ad un altro indotto che possiamo definire come spettacolo ovvero quello della organizzazione delle corse e della gestione delle stesse negli ippodromi. Nessuna di queste sovrastrutture mai ha intaccato o scalfito o peggio mutato (diffidate delle apparenze) il dna prettamente di filiera agricola di tutto il nostro mondo. 
E nella nostra Italia ? Forse perché nel nostro paese il decollo avviene con un secolo e mezzo di ritardo rispetto alla Inghilterra (cento anni tra un derby e l’altro), probabilmente ancora di più il concetto di filiera agricola si afferma e viene reiterato anche istituzionalmente quando, dopo che già erano stati costituiti il Jockey Club, gli Steeple Chases e poi l’Encat e l’Enci, diventa esigenza primaria dare ordine e organizzazione istituzionale a tutto il fenomeno. 
Siamo nel 1932 ed il legislatore sceglie di dare all’ippica italiana in ogni sua manifestazione un adeguato contenitore che abbia ovviamente preminentemente funzioni di indirizzo, di realizzo, di governo. Nasce cosi l’U.N.I.R.E che, per coloro che non lo hanno mai saputo significa Unione Nazionale Incremento Razze Equine. La sua natura e il suo ordinamento sarà ulteriormente precisato con legge detta Tesio Mangelli nel 1942 (definisce in particolare la acquisizione delle risorse) con successiva integrazione importante alla fine degli anni 50 (riguarderà proprio fondi da destinare al solo allevamento e a prescindere). Sarà abrogata alla fine degli anni 90. Gli Enti Tecnici, i quattro sopradetti, vengono pur nel rispetto delle proprie prerogative sottoposti alla vigilanza superiore dell’Unire ma ad inizio 2000 vengono abrogati e le loro funzioni incorporate nell’Unire che negli anni dieci si trasforma in Assi e poi viene abrogato e cancellato anche lui cosi che le funzioni di indirizzo del settore tornano al Ministero Agricolo e ciò è molto significativo ed importante. Storia e cronaca di cui tutti siamo bene al corrente. 
Per rafforzare, cosi concludo, il concetto di filiera agricola facciamo un passo indietro e torniamo al 1932 e dintorni. Il legislatore avrebbe potuto porre il nostro mondo sotto l’egida del ministero sportivo ( pensate al Coni), di quello economico e fiscale (qualora avesse ritenuto preminente la attività commerciale), di quello dello Spettacolo se avesse pensato alle corse come solo momento di esibizione. Non lo fece, anzi è proprio pensando alla scelta del 1932, sempre e comunque ribadita nel tempo anche in presenza di tratti cangianti nel nostro mondo, che possiamo definire assolutamente e preminentemente filiera agricola il nostro mondo, logicamente in costante continuo confronto con tutti gli altri. 
Per questo il nostro Ministero di riferimento è e resterà, ce lo dobbiamo augurare, quello Agricolo. Altri discorsi, non materia di queste note anche troppo pedanti, sono quelli relativi al fatto di discutere se sia stato un bene oppure un male prima eliminare gli Enti Tecnici e poi quello Istituzionale o anche che poi oggi la nostra situazione sia tale da non produrre risorse a sufficienza. Fu grazie al Ministero Agricolo che, ope legis, oggi il nostro mondo è supportato economicamente proprio perché ne è stata riconosciuta la sua natura di filiera agricola unitamente alla sua alta valenza culturale, altro argomento sul quale sarebbe importante mettere una parola definitiva: l’ippica è assolutamente grande Cultura.
Mario Berardelli.

1 commento:

  1. una disamina di grande lucidità storica, che rivela il Dna dell'ippica. Ed aggiungerei a quanto scritto da Mario che, proprio questo Dna ha permesso di creare una simbiosi fra Uomo e Natura - cioè Uomo e Cavallo - che in nessun altra attività - definibile di spettacolo, di sport, di intrattenimento o altro - è riscontrabile. Giorgio Vitali

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