Ippica, Galoppo, Corse & Allevamento

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sabato, aprile 13, 2019

Addio a Carlo Ferrari. Il ricordo di Mario Berardelli per uno dei più grandi jockey italiani di tutti i tempi

Come promesso e anticipato, vi riproponiamo per concessione del Trotto & Turf e di Mario Berardelli, un profondo ricordo di Carlo Ferrari, scomparso nella giornata di giovedì all'età di 81 anni. 
Ricordato anche nel veenrdì di Capannelle appena vissuto, Carlo Ferrari ha scritto delle pagine indelebili del nostro turf legato soprattutto a dei grandissimi cavalli, ma senza mai dimenticare la sua dote naturale, quella di avere un dono innato, della classe in sella. Chi lo ha vissuto ricorda una persona discreta, educata, gentile, grande umanità e, come detto, una grande professionalità che ha messo sempre in sella, oltre alla grandissima dose di qualità.
Capannelle, ma tutta l'Italia che galoppa, non dimenticherà mai la sua figura e quello che ha rappresentato. Qui Mario parte dalla incredibile cavalcata di Spegasso, il cavallo per certi versi più rappresentativi, raccontando la vita professionale di un jockey maiuscolo, in tutti i sensi. Buona lettura.
Addio Re Carlo, meraviglioso Campione. Quanti ricordi, quante emozioni, sensazioni indescrivibili. Dieci febbraio 1962, Grande Steeple delle Capannelle. Sulla diagonale ascendente un cavallo inizia a risalire dalle posizioni di coda, fino a quel momento il suo jockey lo ha lasciato tranquillo, sente che il Campione non sta dando la risposta attesa. Improvvisamente su quella diagonale cambia ritmo e passo, risale uno dopo l’altro i rivali, in curva alita sui leader della corsa, li aggredisce in retta perché un Campione non si tira mai indietro e vola via sulla ultima siepe verso il traguardo, l’ennesimo, lanciando il cuore ancora una volta al di la dell’ostacolo. Non lo ritroverà, non riuscirà a riprenderlo come aveva sempre fatto fino ad allora. Continua di slancio e si allunga generoso fino al traguardo...
Ha vinto ancora una volta. Prosegue per cinquanta metri, appena inizia la curva sembra scivolare , con delicatezza ma risoluto, si accascia a terra, non respira più. Il cuore gigantesco del campione si ferma per sempre , si consegna alla leggenda del turf in maniera eroica e tragica. Finisce a terra anche il suo jockey che intuisce subito la tragedia. In lacrime abbraccia l’amico di tanti trionfi. Un dolore immenso che in un attimo diviene quello di tutti i veri appassionati. L’eroe glorioso, esanime sulla pista di Capannelle, è Spegasso, il suo fantino attonito e incapace altro che di piangere è Carlo Ferrari.

Re Carlo, copyright di Mauro Sbarigia, sarà sempre nel cuore di ogni vero autentico ippico che ama non solo il turf ma la sua sublime bellezza che Carlo Ferrari ha rappresentato alla ennesima potenza. Re Carlo sta al turf come Carlos Kleiber sta alla divina musica nella sua più alta espressione. Entrambi si sono concessi con moderazione ma sempre in maniera sublime , una delizia per i fini palati dei veri intenditori. Il Merano di Ferrari è come la Settima, gioia della danza, di Kleiber ed il derby vale la terza o la quarta di Brahms. Immense manifestazioni di gigantesca e inarrivabile cultura. 
Carlo Ferrari è stato l’unico fantino italiano, probabilmente non ne esistono tanti analoghi nel mondo, a vincere il Merano che è la massima manifestazione di classe per il nostro ostacolismo e poi il Derby di galoppo che nell’immaginario collettivo di tutti è la “Corsa”, anzi la madre di tutte le corse. Non solo: il Merano lo vinse a soli 20 anni, nel 58, quando Gino Mantovani (Guido Zibellini che aveva montato Spegasso sino ad allora era infortunato) con la genialità dei grandissimi proprietari che sanno rischiare mise in sella il “ragazzo”, allievo e inesperto. “… Ferrari , in un campo internazionale molto qualificato, porta Spegasso al trionfo in un tripudio di entusiasmo del pubblico, valutato in 15.000 spettatori, che non vedeva vincere il Gran Premio da un cavallo nato in Italia dal 1949 (Ermellino)." Cosi scrive Rinaldo Innocenzi nel suo atto di amore meraviglioso dedicato alla Mantova che per ogni autentico appassionato è stato impossibile non amare, è la Storia del nostro Galoppo. 
Dieci anni dopo il leggendario Merano, Carlo Ferrari entrò a vele spiegate nella leggenda del galoppo vincendo alle Capannelle il Derby in sella ad Hogarth con la giubba che è la Storia del Turf con la maiuscola, Dormello. “Questa edizione rivelava sicuramente un campione. Non già il cavallo di un pomeriggio o quello dalla brevissima carriera ma un robusto, degno corridore, prima serie in Italia e all’estero in grado di primeggiare fino a 5 anni.”  Cosi, noi stessi, nella seconda parte della “Storia del derby Italiano” che voleva continuare quella iniziata da Gastone degli Albizi e che ha accompagnato il nastro azzurro dal 59 fino all’84 e che Cesare Beltrami, editore, volle con noi dedicare al Maestro ed Amico Enrico Arcari. 
In dieci anni Carlo Ferrari si consacrò Jockey di primissima ed unica grandezza. Re Carlo ogni volta seppe regalare una bellezza indescrivibile e più la corsa era importante più lui si esaltò. Per un gruppo di giovani di quel periodo , forse un pò snob e magari anche radicali nelle loro esternazioni, esistevano in Europa , quindi per noi nel mondo, solo due fantini cui dedicare il nostro cuore e il nostro animo, Joe Mercer e Carlo Ferrari. Loro due si amavano e non si discutevano. Quando Carlo vinse con Hogarth Mauro Sbarigia per volare, letteralmente, dalla tribuna verso il rientro lasciò parte della sua tibia per la causa. Con Hogarth, Ferrari ha avuto un grande feeling e seppe pilotarlo anche all’estero dove fu terzo di Eclipse (quelle di Wolver Hollow e del primo alloro di sir Henry Cecil, con Park Top seconda) e poi anche nelle King George sempre di Park Top. Mantova e Dormello, forse quanto di più diverso ci sia stato nel nostro turf ma nello stesso tempo quanto di più alto.
Carlo Ferrari ne è stato emblema ma ha goduto sempre anche della stima di una leggenda del galoppo, Federico Regoli che lo volle in sella a Stratford quando vinse a Baden Baden. Quante prodezze, quante meraviglie per gli appassionati. Re Carlo vinceva in testa , come Joe Mercer perché avevano il cronometro nel cervello, oppure alla attesa capace di lanciare il suo allievo , con un pazzesco tempismo nel momento giusto per passare a fil di palo. Ogni volta una emozione incredibile, una gioia di quelle per cui in tanti abbiamo amato questo sport, il re degli sport non lo sport dei re. Siamo sicuri che Capannelle lo saprà onorare degnamente ricordandolo subito già nel giorno del Parioli il 28 aprile, la sua corsa, quella per esempio in cui in sella a Bauto , razza Mantova al 100%, infranse il sogno di una campionessa straordinaria come Tadolina che aveva appena trionfato nell’Elena e aspirava ad un doppio che era nella storia e nella tradizione di Dormello. Re Carlo e Bauto, aspettando sornioni l’epilogo, dissero di no. Quando Ferrari montò Spegasso per la prima volta proprio nel Merano era reduce anche lui da una delle sue tante rotture della clavicola. Zibellini era proprio con il braccio al collo ma Re Carlo non stava molto meglio, era ancora fasciato e quando Pietro Betti lo avvisò (Carlo era mantovano dalla nascita, li aveva lavorato tantissimo papà Alfredo) per dirgli che il Commendatore lo voleva di corsa a Merano, corse a farsi una lastra (frattura saldata per fortuna) si tolse la fascia e finse di stare benissimo. 
Il Merano val bene almeno una spalla. Dopo quella vittoria gli fu in sella anche in quelle della Gran Siepi di Roma, in quella di Merano, nel Lainate e, purtroppo, nel tragico Steeple delle Capannelle. Il vero nemico di Carlo Ferrari ha avuto sempre le stesse sembianze, quelle della bilancia perché a meno di 56 chili circa era quasi impossibile per il nostro jockey poter montare , ecco perché le poche apparizione se vogliamo (comunque mille vittorie), ecco anche perché era diventato un mago nel poggiare in maniera strategica il piede per sollevare leggermente il corpo e rubare alla nemica bilancia un chiletto abbondante quando faceva il peso prima della corsa . Ecco perché un primo ritiro e conseguente carriera di allenatore seguito da un rientro (si come Lester in fondo) e che rientro. Il cammeo magistrale di Pierre Curie che seguì l’imbattibile Orange Bay nel Derby ma quel posto d’onore fu un capolavoro di classe assoluta. Re Carlo ha esordito a soli 14 anni, si usava allora, ovviamente con la giubba del cuore, in sella a Bettina con la quale in estate riuscì a vincere la sua prima corsa. Vinse parecchie corse da allievo fino al 57 ma stava per arrendersi, cresceva e pesava troppo. Si deve davvero tanto alla competenza di Gino Mantovani che non volle rinunciare a lui, ne aveva intravisto le straordinarie doti. Per questo lo spedì a Merano per frequentare il corso allievi fantini in ostacoli, ah come è importante la scuola, l’insegnamento anche nel nostro mondo. Pensate che a settembre il Commendatore lo mise in sella a Trotolo proprio nel Merano e Carlo almeno finì il percorso, un successo. Della sua vicenda con Spegasso abbiamo già detto ma Re Carlo aveva una sua scommessa da vincere , il piano . Certo che davvero il Commendatore stravedeva per lui, nel 60 lo mise su Rio Marin (un derbywinner) allora però in sotto ordine rispetto a Caorlina che era la star di casa e che fu affidata a Silvio Parravani. Il tutto avvenne nel Jockey Club che Carlo rese strabiliante con una corsa di testa (il famoso cronometro) che gli valse la vittoria proprio sulla compagna Caorlina, en plein di casa. Si usava allora , eccome. 
Re Carlo è stato il jockey di Osmarin nell’Italia e pensare, se la memoria non ci inganna , che in gennaio lo avevamo visto vincere il San Gennaro a Napoli. Dopo Bauto ( lo montò anche diverse volte all’estero, la vocazione mercuriana di Mantovani era straordinaria) il Parioli lo vincerà anche con Ciacolesso, Raeburn (ah quel derby non vinto perché c’era il compagno in fuga Ruysdael, migliore) e con Bonconte. Con Ruysdael portò a casa l’Italia e poi fu anche terzo a Doncaster nel St Leger. Carlo ha montato anche nell’Arco prima Caorlina e poi lo stesso Ciacolesso. Eppure nelle nostre affettuose chiacchierate, Re Carlo ha sempre esternato due grandi rimpianti …: "Io ho montato due cavalli eccezionali che per pura sfortuna non hanno potuto dimostrare a pieno e in Europa la loro grandezza. Si tratta di Viani con cui vinsi il Criterium e che si fece male prima del Parioli e di Claude che fece lo stesso nel Filiberto. Credetemi, due campioni eccezionali e straordinari”. 
E’ stato in sella anche ad Appiani nel Repubblica che fu anche di Hogarth, per la Mantova ha interpretato Tabacon, Petesso, Spanevin e soprattutto , ecco un altro magistrale capolavoro , come quello di Luigi Camici che gliela consegnò, Ciacoleta nel Lidia Tesio, sublime, si proprio come vedere Kleiber sul podio. Ha chiuso al massimo livello con la lezione straordinaria di Pipino nell’Umbria, miele per il cuore di chi ama la magia del turf. 
Con Bonconte ha vinto anche l’Italia, con Ruysdael il Jockey Club, è salito in sella anche a Veio e chissà di chi ci dimentichiamo perché affondiamo nei ricordi che, ahinoi, si scoloriscono sempre di più... Il fatto è che ogni volta che al tondino un allenatore gli dava gamba per il vero appassionato era emozione purissima ed il cuore aumentava a dismisura le sue pulsazioni, tutti sapevano che dovevano attenderci una invenzione , una magia e quando questo puntualmente avveniva, anche in un qualunque handicap e con pesone, ognuno di noi poteva rendersi conto di quale sublime meraviglia fosse la trama di una corsa di cavalli. Ah, cosa hanno perduto coloro che non ti hanno vissuto magico Re Carlo.
Grazie magnifico Maestro, che gioia per tutti noi averti amato ! Sarai sempre nei nostri cuori di autentici ippici, non ti dimenticheremo mai!
Mario Berardelli

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